Prima di cominciare la nostra rubrica, crediamo sia il il caso di presentarci ai lettori.
Io mi chiamo Jacopo Ricci, sono nato a Roma, classe ’94, e ho sempre avuto la passione per la tecnologia. Ho approcciato questo mondo molto alla larga, cominciando ad organizzare serate in discoteche a Roma, per poi approdare in TV a fare la mia gavetta come elettricista, fino a che non ho ricevuto la prima richiesta di lavoro come programmatore e operatore luci per una discoteca di Ibiza, l’Hi.
Oggi disegno, programmo ed eseguo show per artisti di fama internazionale: la mia esperienza di sei mesi a Ibiza è stata sicuramente il catalizzatore della mia carriera. Lì ho potuto incontrare gente al tempo più avviata di me, tra cui lighting designer in tour, artisti e tour manager, con cui ho avuto modo di stringere rapporti personali e lavorativi. A Ibiza, infatti, ho anche conosciuto il mio attuale partner di lavoro e amico fidato, Lorenzo de Pascalis, con cui sto lanciando Ombra, il nostro studio di show design, direzione creativa e creazione contenuti con base a Londra. Al cuore di questo collettivo, oltre Lorenzo e me, c’è anche Giulia de Paoli, che cura il marketing e la comunicazione dopo la sua esperienza con Adidas e Yeezy. Una squadra giovane, con background diversi, cresciuta in parti diverse del mondo ma tutta made in Italy, che sicuramente porterà aria fresca nello show business italiano e estero.
Lorenzo, che curerà il secondo articolo di questa rubrica, ha un’esperienza pluriennale nel settore video e nella creazione di contenuti, è stato in tour come VJ per numerosi artisti, tra cui Martin Garrix, per il quale ha anche curato la direzione dei contenuti per cinque anni. Attualmente è in tour con Jessie J, pluripremiata cantante pop inglese.
Questa rubrica vi accompagnerà per tutto l’anno: io parlerò più nello specifico di luci e Lorenzo di video, ma passeremo anche per effetti speciali, laser, automazioni, per arrivare poi a parlare di come affrontiamo la sfida dello show design in generale dall’inizio alla fine del processo. Dalla teoria alla pratica, dal tavolo da lavoro all’arena.
Dopo questa introduzione è arrivato il momento di iniziare a parlare del primo argomento della rubrica, che tratterà di come utilizzo la mia console luci di fiducia, grandMA2, e di come approccio il disegno luci in relazione al modo in cui verrà programmato.
Non me ne vogliano i lettori con preferenze differenti, prenderò questa consolle come riferimento solo perché è quella che so usare a occhi chiusi e che conosco in maniera veramente approfondita. Quasi tutti i concetti si possono applicare a tutti gli ambienti di programmazione perché, checché se ne discuta da anni, non è la console a fare lo show ma chi ci sta dietro. Sempre.
Non ho mai avuto un processo standardizzato nel modo in cui disegno e programmo, per questo è anche difficile trasporlo in parole: alcune cose vengono naturali e basta. Di solito comincio nel modo apparentemente più banale, ascoltando i pezzi dell’artista per cui sto lavorando. Mi piace farlo in macchina, quindi creo una playlist Spotify e la scarico offline. Questo esercizio mi è utile per immaginare cosa voglio e in quale momento lo voglio, anche se in questo stadio del progetto non c’è ancora lo show, non c’è una timeline e non so nemmeno quali canzoni passeranno la selezione che facciamo con l’artista e in quale ordine le metteremo una volta iniziato il dialogo con lui/lei. L’idea riguardo al disegno di solito si forma ascoltando la musica e “guardandomi” lo show in testa. Questo credo sia uno dei punti di forza di questo approccio, che racchiude nella stessa persona il designer e il programmatore, cosicché i due mondi vanno di pari passo e si mischiano e connettono: non penso mai a un disegno luci senza aver già immaginato cosa farò fare a quelle luci, perché voglio metterle lì e perché ho scelto proprio quella marca e modello.
Su un lato più tecnico, questa strategia mi permette di risolvere dei problemi che un programmatore che si trova davanti ad un disegno che non ha interiorizzato e fatto suo non sarebbe semplicemente in grado di risolvere. Per dare un’idea di questo concetto, prenderò ad esempio due show diversi, in uno dei quali ero solo programmatore, mentre nell’altro ho anche partecipato alla stesura del disegno luci.
Una delle mie armi segrete sono gli effetti di colore, che infilo come firma in quasi tutti gli show che programmo. Sono frutto di lunghi studi sulla scienza del colore, sui diversi tipi di proiettori e su come la console grandMA2 gestisce il suo motore degli effetti in relazione ai colori. Quasi mai ho visto usare forme diverse da PWM, CHASE e SIN per degli effetti colore. Un trucco che uso è quello di creare delle forme d’onda specifiche per ogni attributo, quindi una fixture RGB o CMY non avrà la stessa forma d’onda sia per il ciano sia per il magenta, ad esempio. Questo trucco permette di comporre delle sfumature di colore molto particolari, che a volte si fa fatica a trovare anche col color picker, nel caso di un colore statico, mentre gestire in modo preciso una cosa simile in un effetto dinamico, che si modifica in un arco di tempo, può risultare anche più complesso. Cambiamenti a volte talmente sottili da non essere quasi apprezzabili nell’immediato ma che rendono lo show in qualche modo più interessante, altre volte sono dei veri e propri look che proseguono per l’intero brano, cambiando leggermente le forme d’onda nel corso delle varie sezioni del pezzo musicale, o anche solo la velocità dell’effetto stesso, per accentuare alcuni elementi e tornare poi alla velocità di base.
Questo uso così intensivo delle ruote colore, di miscelazione e dei chip RGB delle sorgenti LED dovrebbe avervi dato un indizio sul motivo per cui penso sia importante che la figura del designer sia il più possibile vicina, se non coincidente, con quella del programmatore. Per il primo show di cui vi accennavo, quello di Janet Jackson, sono atterrato a Las Vegas sei giorni prima dell’apertura della residenza all’MGM Park Theater e, come programmatore, avevo sommariamente visto l’impianto in qualche pdf e durante la stesura dello stesso da parte del designer e, anche se avevo dato qualche consiglio riguardo il posizionamento di alcune sorgenti e sulla scelta di alcune tipologie di proiettore, il design non era propriamente “mio”, non avevo avuto modo di farlo mio.
Essendo uno show programmato in America, con materiale fornito da aziende americane, per una location in America, il mio impianto era caratterizzato da una montagna di Vari*Lite, nello specifico VL4000 BeamWash, famosi per la loro ottima resa del colore; alcuni tra i colori più belli che si possano ricavare da un proiettore. Hanno solo un difetto: sono terribilmente lenti. Sono lenti a fare tutto, dal cambiare tra una ruota all’altra a miscelare. Va da sé che metà dei look che avevo immaginato prima di arrivare sono andati a farsi benedire. Ci ho provato comunque, lo ammetto, ma più i proiettori sono lenti e più è evidente che qualche ruota colori arriva prima delle altre o non si ferma dove dovrebbe fermarsi. Le mie bellissime sfumature sono quindi diventate, in alcuni casi, dei pastrocchi senza senso.
II lavoro di un bravo programmatore è quello di non rendere evidenti questi problemi e quindi mi sono messo lì, ho accettato la situazione e ho ridotto il numero di effetti complessi. Quando non ho saputo proprio rinunciarci ho deciso di rinunciare al sonno e ho calcolato i diversi tempi di ogni singolo proiettore, li ho inseriti in un foglio excel e ho così calcolato i vari ritardi o anticipi con cui avrei dovuto costruire delle forme d’onda specifiche per ciascun proiettore, oltre che per attributo. Questo ha allungato enormemente i tempi di programmazione, avendo speso circa due nottate intere a rifinire tutti questi piccoli dettagli che riguardavano solo i colori.
Dall’altro lato della medaglia c’è il design per il tour nei festival di Post Malone, design che ha toccato un po’ tutto il mondo e che ho avuto modo e tempo di fare mio, collaborando nella stesura del disegno luci. Sapendo già in anticipo cosa avrei voluto vedere sul palco e quale fosse la mia strategia di programmazione, abbiamo deciso di comune accordo di riconfermare gli Scenius Unico di Claypaky, che avevamo già usato per il tour invernale nelle arene, e abbiamo convinto la produzione a comprarne un lotto, non avendone trovati di disponibili in quel momento. Gli Scenius sono grossi e ingombranti ma la resa dei colori è semplicemente mozzafiato e sono estremamente veloci a fare qualunque cosa io abbia provato a fare. In questo caso, quindi, la fase di programmazione è stata molto più veloce e fluida, la programmazione di tutto lo show, in timecode, ha richiesto solo cinque giorni da show vuoto a show pronto per essere messo su strada.
Queste problematiche non sono legate solo al colore. Ho fatto questo esempio anche per avere il pretesto di raccontarvi un trucco che può essere utilizzato in uno show. La stessa cosa può succedere con fixture che sono lente nei movimenti. Passo a spiegare: ascolto una canzone e mi immagino un effetto di movimento durante la strofa, poi tra il ritornello e la strofa c’è una pausa di un secondo in cui posso andare a buio per preparare il movimento per il ritornello, che voglio sia un flyout. In quella pausa di un secondo i proiettori devono smettere di fare quello che stavano facendo, iniziare a fare il flyout mentre lo shutter si chiude per bloccare l’output del dimmer. È evidente che uno Scenius Unico o un Vari*Lite probabilmente non ci riuscirebbero, anche solo per la loro inerzia, mentre un Robe MegaPointe, sì. In quel momento, mentre ascolto la canzone, ancora prima di stendere il disegno luci, potrei pensare di sostituire gli Scenius con dei MegaPointe, o magari di aggiungere dei MegaPointe in più come fixture più veloce per quei momenti in cui mi serve.
Ovviamente uno show in un teatro a Las Vegas richiede molta più raffinatezza di uno show festival, ma questi due esempi danno un’idea chiara del perché è importante che il mondo del design e della programmazione cooperino il più possibile e arrivino contemporaneamente al risultato finale nel modo più veloce, efficiente e raffinato possibile.
Source: Soundlite.it